Mimmo Borrelli, pluripremiato autore di ‘Nzularchia e ‘A sciaveca – già prodotti dallo Stabile di Napoli – è questa volta anche regista di una sua opera: una Medea contemporanea ambientata in un antro/utero materno all’interno del quale si dipana un racconto mitico e rituale dalle tinte forti ed emozionanti. “Una cava – spiega Borrelli – un incavo che trasuda e inghiotte i personaggi in una melmosa fanghiglia amniotica fatta di escrescenze, di vegetazione marcia, di letame ammuffito, di un’umanità in decomposizione, messa a fermentare come su di una parete di mosto deforme. Lì è sprofondata la famiglia: nella deformazione astratta di una vagina esposta ad asciugarsi, dalle nefandezze dell’umidiccia memoria che torna e viene sepolta nel sottosuolo del ricordo amaro che infetta in ogni dove, come l’immondizia sepolta nelle campagne inquinate della zona flegrea. Il palco, dunque, si fa luogo della memoria s-confinata, dove si risvegliano i fantasmi, dove attori sacerdoti sono prigionieri interpreti di anime in pena, vittime di un passato i cui conti non tornano mai, ma che inesorabilmente ritorna”.