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LAMPEDUSA BEACH
di Lina Prosa
regia Alessandra Cutolo
con Cristina Parku
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

Lampedusa Beach scritto nel 2003 è il primo testo della Trilogia del Naufragio di cui fanno parte anche Lampedusa Snow, Lampedusa Way, più due appendici: Ritratto di Naufrago Numero Zero e La rotta del Marabut (dedicato all’infanzia).
La Trilogia in Italia è pubblicata da Editoria&Spettacolo.
Il testo è dedicato ad una attrice “bianca” che sa andare in apnea.
Shauba, migrante africana, annega presso le coste dell’isola di Lampedusa.
È partita alla volta d’Europa sostenuta dal sogno dell’amata zia Mahama che vuole i figli dell’Africa liberi dal ricatto della bontà del capitalismo con cui un giorno si mangia ed un altro no. La carretta del mare perde l’equilibrio quando nello spazio intasato dalla presenza di settecento clandestini, il vecchio e il giovane scafista si contendono il corpo di Shauba causando il naufragio. Il mare è innocente.
Shauba ha con sé un paio di occhiali da sole, unico bagaglio da viaggio, donatole da Mahama, per avvistare più chiaramente la meta durante la traversata. Nella discesa agli abissi gli occhiali diventano l’unico appiglio, un improbabile salvagente, che le concede però un lento tempo di discesa.  Il tempo della discesa coincide con il tempo della scrittura. Si compie così un’odissea sott’acqua, fatta di memorie personali, di convivenza con i pesci, esperienze fisiche straordinarie, fino al fondo, spiaggia sottosopra, la “Lampedusa Beach” tanto sognata. Ma l’ultimo minuto di vita di Shauba è rivolto all’Occidente, alla necessità di una rivoluzione che lo porti ad invertire la rotta, a cercare asilo politico in Africa, salvarsi dal crollo dei valori di una società “confinata” che ha rinunciato al mito omerico dell’avventura.