Dopo tanto Shakespeare: Marlowe uomo e poeta, diviso tra università, politica e teatro. Mi affascina l’uso spericolato e ingegnoso che Marlowe fa delle Sacre Scritture, il modo in cui mescola sacro e profano, divino e osceno, dissacra il vecchio mondo e sacralizza il nuovo, come utilizza oltraggiosamente la lingua di tutti, come provoca e scuote il pudore del senso comune, come fa comunione con tutti di messaggi e sapere che dovrebbero e vorrebbero fossero solo per pochi. Marlowe mi affascina perché come poeta che cerca il suo essere uomo mette al centro dell’universo, della sua ricerca, l’uomo stesso; lo rende dio di se stesso e angelo, bestia vendicatrice pronta ad autodistruggersi. Depura l’uomo da ogni forma di romanticismo e lo rende uomo in cerca del suo essere ragione d’essere – uomo contemporaneo. Alla luce di tutto questo EDOARDO II non può e non deve essere letto solo come un testo che narra l’amore omosessuale di un re, ne mortificherebbe la grandezza universale che il testo ha tramandato negli anni, fino ad arrivare a noi intatto in tutta la sua contemporaneità. Bisogna avere il coraggio di non fermarsi ad un primo livello di lettura (già forte e folgorante) ma andare oltre, affogare nelle parole e fare delle parole stesse l’ancora di salvataggio; così facendo la parola diventa il punto centrale, la protagonista dell’intera opera. La parola che va oltre il dicibile e scardina le regole della censura di allora e di adesso con il suo essere cruda, energia, inquietante febbrile, virile, scabrosa, politica e POETICA. Parole terribilmente contemporanee che evitano gli orpelli per arrivare diritto come un pugnale al centro del cuore e della mente. “Mio padre è morto” è la frase che dà inizio al testo di Marlowe, il cui viaggio si conclude con la morte di un altro padre (lo stesso Edoardo) e consegna il testimone del potere, immerso nelle feci della corruzione, al figlio che porterà sulle spalle il peso delle colpe del padre e del padre di suo padre. Una cerimonia, un lunghissimo funerale, dove le icone della religione danno posto alle lance, alle bandiere del potere e della mediocrità umana. Non ci saranno né vinti, né vincitori, ma solo morti, corpi scuoiati per andare a rattoppare le folle della grande poltrona del trono regale fatto di pelle umana. Il testo di Marlowe inizia con una lettera, ma in realtà sembra una sola e lunga lettera: il testamento di un uomo le cui parole sono scritte con il sangue di Edoardo e di Marlowe stesso. Una lettera che non dà spazio all’ironia o alla commozione, ma parla il sangue con la sua lucidità; e il poco fiato che resta si tramuta in un urlo agghiacciante che ci condanna tutti per la nostra continua voglia di consolazione. Non vi è alcuna traccia consolatoria in EDOARDO II, è questo ci fa precipitare in un vuoto, in quella pausa d’attesa, prima del saluto finale. Quel vuoto, quella paura, sono il centro, il punto d’arrivo dello spettacolo.
Antonio Latella