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LETTERE A BERNINI
di Marco Martinelli
in scena Marco Cacciola
disegno luci Luca Pagliano
scenografia Edoardo Sanchi
musiche originali e sound design Marco Olivieri
tecnico audio Paolo Baldini
voce del cardinale Rinaldo D’Este Ivan Simonini
voce del primo allievo Gianni Vastarella
voce del secondo allievo Riccardo Savelli
realizzazione immagini video Filippo Ianiero
tecnici video Filippo Ianiero, Fagio
realizzazione scene  Antonio Barbadoro con la squadra tecnica delle Albe Alessandro Pippo Bonoli, Gilberto Bonzi, Fabio Ceroni, Enrico Isola, Danilo Maniscalco, Lorenzo Parisi in collaborazione con Rinaldo Rinaldi
assistente alla scenografia Laura Pigazzini
consulenza linguistica Valeria Pollice, Gianni Vastarella
organizzazione Silvia Pagliano, Francesca Venturi
ufficio stampa Alessandro Gambino-GDG Press, Federica Ferruzzi
fotografie dello spettacolo Enrico Fedrigoli
ideazione Marco Martinelli, Ermanna Montanari
regia Marco Martinelli
coproduzione Albe / Ravenna Teatro – Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

ringraziamenti a Valerio Apice, Paolo Betta, Bassi Service, Nicolò Calandrini, Assunta di Sante, Moretti Marmi Graniti s.r.l., Gianfelice Facchetti, Giovanni Gardini, Roberto Magnani,  Silvia Matteucci, Giuseppe Pagliano, Massimo Pellegrinetti, Martina Pisoni, Alice Spadacini, Simona Turriziani  e a Melania G. Mazzucco per una citazione dal romanzo L’architettrice (Einaudi, Torino 2019)

Attraverso il suo testo originale e la voce monologante dell’attore, Martinelli ci mostra un Seicento che parla di noi, sospeso tra il secolo della Scienza nuova e l’attuale imbarbarimento, portandolo in scena in un allestimento unico e speciale per un luogo che conserva opere d’arte senza tempo: Gallerie d’Italia.

Lettere a Bernini si svolge interamente in un giorno d’estate dell’anno 1667, esattamente il 3 agosto.
In scena, nel suo studio di scultore, pittore e architetto, il vecchio Gian Lorenzo Bernini, la massima autorità artistica della Roma barocca, è infuriato con Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e che ora lo accusa, di fronte ai cardinali, di non pagarle il giusto prezzo per il suo lavoro.
Nell’infuriarsi con la donna, Bernini evoca l’ombra dell’odiato rivale, Francesco Borromini, il geniale architetto ticinese. Un’evocazione ‘in absentia’, al pari di quelle dei suoi allievi, ai quali Bernini si rivolge, discutendo con loro, mettendoli in posa, facendoli recitare nelle commedie da lui scritte e dirette, perché imparino a incarnare gli ‘affetti’, i sentimenti che dovranno trasferire nel marmo.
Quando, poi, giungerà la notizia inaspettata del suicidio di Borromini, la furia cederà il passo alla pietas: per la tremenda depressione che aveva colpito il rivale in quegli ultimi anni e, al contempo, per l’incessante guerra che gli artisti si fanno, tutti contro tutti, per il loro ‘sgomitare sotto il cielo’, come direbbe Thomas Bernhard.
Travolto da quella pietas, Bernini giungerà a riconsiderare l’opera del collega, riconoscendone l’alto valore.
Chi può comprendere fino in fondo la grandezza di un artista? Il suo rivale. Il suo avversario. Il suo simile.
Attraverso una drammaturgia in cui la voce monologante dell’attore e quella di Bernini si rincorrono e sovrappongono senza soluzione di continuità a generare sulla scena, come scolpendo nel vuoto, presenze, figure e ricordi, l’opera di Martinelli ci mostra un Seicento che parla di noi, sospeso tra il secolo della Scienza nuova e l’attuale imbarbarimento, sempre più incombente.

Lo spettacolo è realizzato nell’ambito della collaborazione
tra il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Gallerie d’Italia
che prevede la realizzazione di attività di didattica museale rivolte alle scuole.

"Martinelli ci mostra un Seicento che parla di noi, sospeso tra il secolo della Scienza nuova e l’attuale imbarbarimento"