Il corso attori della Scuola del Teatro Stabile di Napoli affronta con allegria quella fuga collettiva in un bosco dell’antica Grecia che è il Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. Il testo richiede che personaggi e spettatori, seguendo le vicissitudini degli amanti shakespeariani, fuggano in un altro tempo (quello del mito della nascita del teatro) e in un altro spazio (quello delle forze della natura popolato dai folletti e dalle fate). Shakespeare ha scritto un progetto affascinante di festa teatrale, legata alle credenze popolari del solstizio d’estate e a quella scoperta dell’amore (e dei suoi lati più oscuri) che dà vita ad ogni commedia.
La fuga in questione è quella per affermare il diritto di scegliersi il proprio amore: quella che nel sud Italia viene chiamata la “fuita”. Fuggendo nel bosco di notte per affermare le proprie scelte contro quelle del potere, i giovani protagonisti attraverseranno un territorio onirico e pericoloso, incontrando nel buio i pensieri e le sensazioni che nella luminosa Atene sono negati. L’attraversamento di quel territorio dionisiaco – quasi un rito di passaggio all’età adulta – li stordirà, ma li renderà più maturi e consapevoli verso il matrimonio e l’apollinea e razionale vita di Atene. Analogamente l’attraversamento del territorio notturno costituirà, per il gruppo di artigiani capitanati dal tessitore Bottom incaricati della recita, l’affascinante scoperta del teatro: uno degli omaggi più toccanti all’arte teatrale mai scritti da nessun poeta. Una dichiarazione d’amore per la forza dell’immaginazione.
Altrettanto analogamente, il conflitto tra Oberon e Titania, che rappresentano l’elemento maschile e femminile della natura e che si conclude con una danza di fertilità, costituirà un’ode alla forza delle stagioni e in definitiva al ciclo della vita, che è quasi un messaggio cifrato contro il puritanesimo: un addio o forse un atto di fede nascosto per un mondo di credenze magiche popolari che già ai propri tempi, Shakespeare sentiva minacciati dallo sviluppo del mondo moderno. Perciò nel capolavoro di Shakespeare matrimonio, teatro, riti e tradizioni popolari si intrecciano in una interrogazione sul senso della vita: sul senso di quella forza che manda avanti le cose e che solo “in uno di quei sogni che si fanno nella notte di san Giovanni” può essere compresa.
Il nostro spettacolo ha finalità pedagogiche e per dare a tutti gli allievi l’esperienza dell’attraversamento complessivo di un personaggio, è ripetuto con tre distribuzioni differenti. Propone un attraversamento del testo molto corale e giocoso ed utilizzerà mezzi molto poveri: il corpo, la parola, il ritmo e il suono. L’emozione di poter incontrare il teatro sopra un palcoscenico che ha una tale forza ed importanza per la città è in fondo il vero obbiettivo cui tende questa restituzione. Il processo di lavoro porta in questa fase gli allievi a confrontarsi per la prima volta con il palcoscenico e chiede ad essi di scoprire, scegliere, amare e rispettare le sue leggi.
Anzi, visto che siamo al San Ferdinando, le leggi della sua Grande Magia.
Maurizio Schmidt